mercoledì 13 dicembre 2017

Un racconto di Santa Lucia



Nel freddo giorno di Santa Lucia di quel 1954, di tardo pomeriggio, zì Merigo mi caricò sulla canna della bicicletta e mi portò alla Pergola per celebrare la festa della santa patrona della vista. Feci prima un fischio sotto la finestra di Remo, che uscì subito di casa con un pacchettino nella saccoccia della giacca. 
Ogni anno, il 13 di dicembre, di sera, veniva acceso un focarone nel piazzale davanti alla chiesa del piano, dopo una funzione religiosa, a mo’ di devozione e d’intercessione. All’uscita dalla messa mi consegnarono un’immaginetta della santa con gli occhi posati su un piattino (di un’altra persona, pensai, o una copia dei suoi, visto che in faccia li aveva ancora al loro posto) che andò ad arricchire la collezione di nonna, mentre la banda cominciò ad attaccare inni religiosi. Poi qualcuno si occupò dell’ accensione del grande falò. Abituato alla dimensione delle fiamme del nostro camino o del forno, il focarone mi sembrò una cosa imponente, una montagna scarlatta di vampe sfrigolanti, un pezzo di sole caduto dal cielo ad illuminare l’inverno degli uomini e a purificarli dai propri peccati. Come dei celebranti dispettosi, alcuni monelli fecero esplodere dei mortaretti che spaventarono una signorina dalla faccia arrossata ed un vecchio che sollevò il suo bastone. Remo, a sua volta, scartò il pacchetto che aveva in tasca e tirò fuori una manciata di miccette, a cui diede foco con dei solfanelli. Prima che zì Merigo avesse tempo di rimproverarlo, aveva già fatto esplodere i suoi colpi. “N antra volta che n c’è zio ne sparammo n antro pò”, mi promise. 
Gli occhi della gente riunita a circolo lampeggiavano scaldati dalla luce e fissavano quel centro di calore, come fosse uno spettacolo inedito ed affascinante. Quindi salutai il cugino dinamitardo e tornammo a casa, mentre il focarone stava ancora bruciando ed il fumo portava in cielo le suppliche dei fedeli. 
Immergemmo la bicicletta nel freddo e nel buio del nostro stradone solitario, con gli uccelletti nelle mani, diretti verso il vuoto della campagna invernale, rischiarati dallo sguardo della santa giovinetta e riscaldati dal suo foco protettore, nella notte più lunga che ci sia.