Nel freddo
giorno di Santa Lucia di quel 1954, di tardo pomeriggio, zì Merigo mi caricò sulla canna
della bicicletta e mi portò alla Pergola per celebrare la festa della santa
patrona della vista. Feci prima un fischio sotto la finestra di Remo, che uscì
subito di casa con un pacchettino nella saccoccia della giacca.
Ogni anno, il 13 di
dicembre, di sera, veniva acceso un focarone nel piazzale davanti alla chiesa
del piano, dopo una funzione religiosa, a mo’ di devozione e d’intercessione.
All’uscita dalla messa mi consegnarono un’immaginetta della santa con gli occhi
posati su un piattino (di un’altra persona, pensai, o una copia dei suoi, visto
che in faccia li aveva ancora al loro posto) che andò ad arricchire la
collezione di nonna, mentre la banda cominciò ad attaccare inni religiosi. Poi
qualcuno si occupò dell’ accensione del grande falò. Abituato alla dimensione
delle fiamme del nostro camino o del forno, il focarone mi sembrò una cosa
imponente, una montagna scarlatta di vampe sfrigolanti, un pezzo di sole caduto
dal cielo ad illuminare l’inverno degli uomini e a purificarli dai propri
peccati. Come dei celebranti dispettosi, alcuni monelli fecero esplodere dei
mortaretti che spaventarono una signorina dalla faccia arrossata ed un vecchio
che sollevò il suo bastone. Remo, a sua volta, scartò il pacchetto che aveva in
tasca e tirò fuori una manciata di miccette, a cui diede foco con dei
solfanelli. Prima che zì Merigo avesse tempo di rimproverarlo, aveva già fatto
esplodere i suoi colpi. “N antra
volta che n c’è zio ne sparammo n antro pò”,
mi promise.
Gli occhi della gente riunita a circolo lampeggiavano scaldati
dalla luce e fissavano quel centro di calore, come fosse uno spettacolo inedito
ed affascinante. Quindi salutai il cugino dinamitardo e tornammo a casa, mentre
il focarone stava ancora bruciando ed il fumo portava in cielo le suppliche dei
fedeli.
Immergemmo la bicicletta nel freddo e nel buio del nostro stradone
solitario, con gli uccelletti nelle mani, diretti verso il vuoto della campagna
invernale, rischiarati dallo sguardo della santa giovinetta e riscaldati dal
suo foco protettore, nella notte più lunga che ci sia.