“Carnevale è n bon compagno,
posci nì tre volte a l’anno!”
Stelio e zia si erano conosciuti a un veglione del
martedì grasso, ultimo giorno del carnevale del ‘47, alla balera di Monterolo. Di grasso invero c’era ben
poco, in quei tempi di miseria nera, salvo quello spalmato in abbondanza sulla
folta capigliatura di Stelio, e c’era chi lo pigliava in giro per la lubrificante
profusione, bastevole per un intero motore di mietitrebbia Claas. La camiciola celestina grezza era ordinaria, ma il completo
antracite, una volta liberato dal vecchio paltò, era niente male, seppur
nell’abbondanza. Gli era costato i primi stipendi di garzone nell’officina di
Marione, lungo la statale, e ne faceva un bel figurino. Stelio non aveva le
doti di gamba del gran ballerino, ma bastava sfoderasse il suo sorriso traverso
e muovesse le ciglia folte che trovava sempre qualcuna con cui fare un giro di
pista per una mazurca o una polacca. Sapeva inoltre tenere sollevate con grazia
le sue mani, nel toccare la spalla o nel sostenere la mano dell’altra. Zì
Odilia venne con nonna Florinda, mamma e la Gisella, la nostra vicina di casa. Col galante
Stelio dai capelli untuosi zia fece più di un ballo, mentre la rinomata
fisarmonica di Oberdan di Sanvito cercava di dare vigore alla serata, sotto i
nastri intrecciati di carta colorata, tra l’odore di strutto fritto delle
cresciole e dei castagnoli all’archemus, ed il fumo del trinciato aromatizzato
al mentolo. Nonna ci ricordava sempre quando da piccola suo padre la portava al
bullirone, sotto i portici del
Municipio, con l’orchestrina che suonava e le facce allegre degli astanti, i
vapori del vino e degli aliti che si alzavano e i sudori delle danze. «Alora scì che la gent se
sapeva divertì», ribadiva nostalgica, «nn è comm oggi che han fatt
du guerre pe gì a sta peggio.» Erano i
primi spumeggianti anni del Novecento e la gente aveva un entusiasmo che poi
via via scemò con gli avvenimenti susseguitisi, mentre il secolo scorreva via.
“È arivato l carnevale
Pergolesi tutti fori
a sentire i canti e i soni
del burlesco carneval!...”
Il veglione però durò meno del previsto, dato che
ad un certo punto cominciò a nevischiare e la gente preferì tornarsene a casa a
dare il benvenuto all’abituale e prolungata quaresima di ogni giorno. Da quel 18 febbraio, nevoso e proficuo,
Stelio e zia continuarono a vedersi, finché a luglio si fidanzarono, dopo che
da meccanico venne a riparare gli ingranaggi del perticaro di nonno Vincenzo,
il quale trovò argomenti giusti per convincerlo finalmente ad accasarsi.