martedì 28 febbraio 2017

Un racconto di Carnevale



“Carnevale è n bon compagno,

posci nì  tre volte a l’anno!”


Stelio e zia si erano conosciuti a un veglione del martedì grasso, ultimo giorno del carnevale del ‘47, alla balera di Monterolo. Di grasso invero c’era ben poco, in quei tempi di miseria nera, salvo quello spalmato in abbondanza sulla folta capigliatura di Stelio, e c’era chi lo pigliava in giro per la lubrificante profusione, bastevole per un intero motore di mietitrebbia Claas. La camiciola celestina grezza era ordinaria, ma il completo antracite, una volta liberato dal vecchio paltò, era niente male, seppur nell’abbondanza. Gli era costato i primi stipendi di garzone nell’officina di Marione, lungo la statale, e ne faceva un bel figurino. Stelio non aveva le doti di gamba del gran ballerino, ma bastava sfoderasse il suo sorriso traverso e muovesse le ciglia folte che trovava sempre qualcuna con cui fare un giro di pista per una mazurca o una polacca. Sapeva inoltre tenere sollevate con grazia le sue mani, nel toccare la spalla o nel sostenere la mano dell’altra. Zì Odilia venne con nonna Florinda, mamma e la Gisella, la nostra vicina di casa. Col galante Stelio dai capelli untuosi zia fece più di un ballo, mentre la rinomata fisarmonica di Oberdan di Sanvito cercava di dare vigore alla serata, sotto i nastri intrecciati di carta colorata, tra l’odore di strutto fritto delle cresciole e dei castagnoli all’archemus, ed il fumo del trinciato aromatizzato al mentolo. Nonna ci ricordava sempre quando da piccola suo padre la portava al bullirone, sotto i portici del Municipio, con l’orchestrina che suonava e le facce allegre degli astanti, i vapori del vino e degli aliti che si alzavano e i sudori delle danze. «Alora scì che la gent se sapeva divertì», ribadiva nostalgica, «nn è comm oggi che han fatt du guerre pe gì a sta peggio.» Erano i primi spumeggianti anni del Novecento e la gente aveva un entusiasmo che poi via via scemò con gli avvenimenti susseguitisi, mentre il secolo scorreva via. 


“È arivato l carnevale

Pergolesi tutti fori

a sentire i canti e i soni

del burlesco carneval!...”


Il veglione però durò meno del previsto, dato che ad un certo punto cominciò a nevischiare e la gente preferì tornarsene a casa a dare il benvenuto all’abituale e prolungata quaresima di ogni giorno. Da quel 18 febbraio, nevoso e proficuo, Stelio e zia continuarono a vedersi, finché a luglio si fidanzarono, dopo che da meccanico venne a riparare gli ingranaggi del perticaro di nonno Vincenzo, il quale trovò argomenti giusti per convincerlo finalmente ad accasarsi.