mercoledì 29 giugno 2016

martedì 28 giugno 2016

domenica 26 giugno 2016

Auguri, bronzi!

70 anni di mistero, di lotta, di ammirazione, di timore, di orgoglio, di bellezza...











venerdì 17 giugno 2016

Un palazzetto liberty


Palazzetto Rossi-Castellucci, via Gramsci


Fabbricato ristrutturato nel 1930 circa, stile liberty, in gesso: sopra l'ingresso, formella con elementi floreali a rilievo; altre quattro simili sotto le finestre del secondo piano; riquadrature ornamentali distribuite sulla facciata. Nel sottotetto, un raffinato cornicione ad ovuli.*





* da Edifici storici ed artistici del Comune di Pergola, Sandro Sebastianelli, 1998







mercoledì 15 giugno 2016

Facce sconosciute di gente famosa


Francesco Roberti
   
Cardinale (Pergola, 1889-Roma, 1977)








 

domenica 12 giugno 2016

L' Accademia degl' Immaturi


Le accademie letterarie nacquero in Italia, figlie dei cenacoli umanistici del Quattrocento, ed ebbero nella nostra storia culturale un ruolo fondamentale. Tra il Cinquecento e il Settecento ne sorsero in quasi ogni città, da quelle volte alla conservazione della lingua italiana a quelle specializzate nelle varie forme artistiche.
Anche Pergola si gloriò della sua accademia, attiva soprattutto nella diffusione della poesia, grazie in particolare all'impegno del suo più  illustre letterato, Girolamo Graziani. Venne chiamata Accademia degl'Immaturi, con una dizione ironica tipica del tempo. A Cagli, ad esempio, vi era l'Accademia degl'Inculti, a Macerata quella degl'Imperfetti, a Jesi degl'Inariditi. I pergolesi scelsero le nespole come simbolo di frutta immatura.
Fu nella seconda metà del XVIII secolo che l'accademia raggiunse il massimo prestigio, con convegni e manifestazioni presso il Teatro della Luna e pubblicazioni diffuse a livello nazionale. 









giovedì 9 giugno 2016

mercoledì 8 giugno 2016

Le ricette d'la Pergola: la frittata co' le vitalbne


Se pjano i germoj dle vitalbne, prima se fanno 'n po' scottà e dopp se friggono 'nt 'na padella co' l'olio e i lardej. Poi ce se buttano j ovi, 'l sale e 'l pepe, se dà 'na bucinata e la frittata è bell'e fatta. 








martedì 7 giugno 2016

Il monaco appassionato del Catria



Raffaele Piccinini (nato ad Offida nel 1826) fu un monaco camaldolese, professore di Scienze naturali presso la Regia Scuola Tecnica di Pergola. Geologo e botanico di fama internazionale, morì il 7 giugno 1884 e nel nostro cimitero riposa. Nella lapide, scolpita dallo scultore Beniamino Barbanti e oggi alquanto malridotta, lo sguardo di Piccinini è rivolto verso il suo amato monte Catria.


Qui una bella biografia dello scienziato.






sabato 4 giugno 2016

venerdì 3 giugno 2016

Il palazzo dei cardinali


Il palazzo Antonelli (16° sec.) è un imponente edificio costruito sulle mura castellane, crollato e ricostruito più volte in pietra e mattoni, in particolare dopo il sisma del 1781.


L'ingresso è sulla piazza Leopardi (un tempo piazza Ducale), mentre la facciata secondaria dà sulla via Antonelli, appena fuori della porta di San Marco.


Fu per secoli la sede sfarzosa di una illustre famiglia che ebbe letterati e diplomatici, come il cardinale Nicolò (1698-1767) e il nipote cardinale Leonardo (1730-1811).


Al piano terra del palazzo fu allestita la prima tipografia pergolese vescovile e del S. Offizio, nel '700, dalla famiglia Mariotti.

Durante il Regno Italico napoleonico il palazzo fu sede della amministrazione dei beni dell'Appannaggio.














giovedì 2 giugno 2016

Un due giugno raccontato




  Il due giugno 1946 era stato un giorno speciale per mamma e nonna (anche se lo fu per tutto il Paese) perché per la prima volta furono chiamate a votare. Fino allora le donne erano servite solo per cucinare o partorire figli o lavare mutande. In compenso avevano il diritto di mangiare con gli uomini, dopo averli serviti a tavola. A nonno faceva un po' strano quella novità, un segno di tempi nuovi difficile da comprendere. Voleva bene a nonna, questo sì: quando la madre gli morì presto lei gli fece da madre, moglie, sorella, socio, amante, confidente. Non sarebbe stato nonno Gaspare senza di lei. Ma da lì a pensare che avesse gli stessi diritti dell'uomo ce ne correva, per lui nato nel secolo precedente. Le tradizioni erano importanti, la saggezza dei vecchi andava ascoltata, come le parole degli uomini di chiesa. Ogni novità andava ben valutata, invece sembrava che dopo la Liberazione tutto fosse rivoluzionato: via il duce, via il re, via i padroni, via i preti. L'anarchia, insomma. Per questo voleva votare per la Monarchia, seppure il re durante il Ventennio non gli fosse piaciuto, fiacco e incapace. Il fascismo non gli sconfinferava per niente, come a nessuno in famiglia, gli sembrò sempre una tragica pagliacciata. Alla fine i maschi di casa votarono per la Monarchia e le donne per la Repubblica. Mamma in verità non era sicura, ma con zio e nonno che cercavano di convincerla in un modo, per reazione finì come nonna Amorina e, una volta tanto, fece l’opposto. 
            
                Si recarono tutti insieme al seggio elettorale (la nostra sbiadita scuola giallognola, nella piazzetta del castello), spaesati come polli appena liberati dalla gabbia la mattina dopo che ha spiovuto. Era come se andassero alla messa, o al cinema alla Pergola, o potevano sembrare fedeli di una processione laica, il cui mistero non si era ancora rivelato, ma verso il quale serbavano una fiducia cieca, naturale. Tutti con la massima dignità possibile, pur nella miseria sconfinata che avevano attraversato e che ancora li circondava. Non solo per le donne, anche per babbo era la prima volta. Mamma era maggiorenne da neanche un mese, a ventun’anni finalmente era divenuta matura per lo Stato, nonostante avesse in grembo già il terzo figlio e la spossatezza d’ogni anno vissuto di fatica ed affanni come fossero due. Davanti al seggio col tricolore i rappresentanti dei due schieramenti chiacchieravano sorridenti tra loro, insieme a due carabinieri, ciascuno sicuro della propria vittoria. Ma l’emozione non fu esclusiva delle donne, anche gli uomini sapevano che in qualche modo partecipavano ad un rituale dalla procedura sconosciuta e primordiale, che sarebbe divenuta usuale e rilevante. Annusavano l’aria nuova con lo spirito del marinaio che scruta l’orizzonte dopo la tempesta e cerca la rotta per riprendere la navigazione. Grazie a quelle croci tremolanti, i miei diventarono cittadini, contribuendo, con il loro mattoncino, all’impalcatura della giovane democrazia.